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Andrea Garreffa: intervista ad un cicloviaggiatore scrittore
Viaggiare in sella alla propria bici alla scoperta dell’America Centrale: chi almeno una volta nella vita non ha sognato di partire per una impresa del genere? Noi abbiamo preso la palla al balzo e abbiamo deciso di scambiare due chiacchiere con Andrea Garreffa che, oltre ad essere un cicloturista di grande esperienza, ha scritto anche un libro in cui ha raccontato alcune sue avventure.
Il primo aggettivo con cui Andrea si è descritto è curioso: curioso di scoprire che cosa c’è dall’altra parte della strada di casa, ma anche qualcosa in più sul mondo che ci ospita. Il suo primo contatto con la bicicletta è iniziato quando aveva sette anni, ma non è stato proprio dei migliori: le cadute nel vialetto del garage in cui ha fatto le sue prima prove non sono mai state dimenticate. Ma capita spesso che le storie d’amore più belle siano quelle che richiedono tempo prima di sbocciare e così è stato:
La passione è nata grazie a mio fratello che, quando aveva diciotto anni (e io tredici), prendeva e partiva all’avventura in bicicletta con un amico. Prima in Sardegna, poi in Corsica: qualche anno dopo volli imitarlo e con quattro amici pedalammo da Bologna a Firenze. Carichi come muli, mountain bike arrangiate e voglia di farcela. Impiegammo due giorni. La passione poi è riuscita a decollare grazie all’incontro con due ragazzi coi quali giocavo a pallacanestro al liceo: Zeno e Tommaso. Sono stati loro ad invitarmi a prendere parte a un gruppo di amici che già faceva viaggi in bicicletta. Ogni viaggio era un vero e proprio Tour, la cui filosofia si riassumeva nella sigla goliardica BdCT (Bus dal Cul Tour). Il mio primo vero viaggio in bici fu con loro nell’estate del 2007, da Bologna a Budapest. Eravamo in sei e avevamo vent’anni. Percorremmo 1000 km in dieci giorni.
Nella vita di Andrea Garreffa però non c’è solo la bici, infatti ama giocare a pallacanestro, leggere, prendersi cura dell’orto e viaggiare, anche non in bici! Ultimamente cerca di scegliere le sue mete in modo che gli consentano di praticare il windsurf, sport al quale si sta molto appassionando. Ma l’esperienza che abbiamo voluto farci raccontare è stata quella del suo viaggio in America Centrale, da cui è nato anche il suo libro “Ovidio. Questo libro è un mattone”. Ecco le sue parole:
L’idea è nata al mio amico Alberto. Mentre si trovava in viaggio da qualche parte nel mondo prese un foglietto e scrisse una breve lista: sei itinerari che avrebbe voluto percorrere in bici nella vita. Uno di questi si snodava proprio in America Centrale. Sul finire dell’inverno del 2015 entrambi ci trovammo ad avere il tempo necessario a disposizione. Mi propose la cosa e prenotammo subito i voli, senza pensarci troppo su. Disegnammo l’itinerario con attenzione, cercando di documentarci anche sugli eventuali pericoli che avremmo potuto correre, ma eravamo guidati da un inguaribile ottimismo. Eravamo spinti dall’idea che, come in tutti i nostri altri viaggi in bicicletta, lungo la strada avremmo trovato molto più “bene” che “male”. In fondo eravamo convinti che l’unico vero “male” fosse la paura che, se ascoltata, troppo spesso ci avrebbe impedito di partire. Proprio da questo viaggio è nata l’idea del libro che parla, più nello specifico, di un incontro fatto in Guatemala. L’incontro si è poi tradotto in un’ottima scusa per aiutare un contadino guatemalteco a costruire la propria casa. Per questo motivo il libro “è un mattone”. La scrittura è una passione che coltivo da tempo. In passato scrivevo per una rivista, poi decisi di smettere. Continuai a scrivere solo per me stesso. Il libro costituisce il mio “ritorno allo scoperto” e scriverlo mi ha consentito di dar risposta a un bisogno profondo che sentivo, quello di metabolizzare il viaggio.
L’amore per il viaggio che si fonde con la necessità di scrivere per metabolizzare al meglio ogni dettaglio: Andrea Garreffa ha saputo ascoltare i propri desideri, non lasciandosi mettere in gabbia dalla paura. A chi altro potevamo chiedere qualche consiglio su come organizzare un viaggio in bici? Secondo lui la prima cosa da fare è viaggiare leggeri! Ridurre all’osso il vostro bagaglio e fare sì che questo si traduca in una filosofia di vita: inoltre bisogna sempre avere cura della propria bici. La migliore manutenzione è la sua pulizia. Finché va, è importante esserle fedeli: per Andrea è meglio evitare di rimpiazzarla nel tentativo di inseguire l’ultimo gingillo tecnologico. A livello pratico inoltre è consigliabile portare sempre con sè spago, bulloneria e fascette da elettricista: un kit davvero molto utile. Infine, prima di salutarlo, gli abbiamo chiesto di svelarci quali sono i viaggi che custodisce nel cassetto dei sogni:
Vorrei pedalare in Laos, Cambogia e Vietnam. Vorrei pedalare in Sri Lanka. Vorrei pedalare sulla Caretera Austral in Patagonia. Ma prima di partire vorrei ardesse sempre in me la domanda: “cosa significa per me viaggiare?”. Se la risposta, anche solo per un attimo, fosse banalmente “spostarsi”, avrò il grande piacere di restare sempre a casa.
Articolo di Travel On Art